Il contratto di rete è un valido strumento che le imprese possono utilizzare per collaborare, partecipare a gare, fare sistema.
Nato nel 2012 consente di costituire accordi di collaborazione tra parti indipendenti tra di loro, ma anche di prevedere la possibilità di istituire un fondo patrimoniale e di un organo comune.
I contraenti possono dunque decidere liberamente se da una occasione di collaborazione discenderà un terzo soggetto dotato di personalità giuridica.
Il contratto si qualifica per lo scopo comune tra i componenti della rete che dovranno determinare un programma, obiettivi strategici e determinare le azioni per raggiungerli.
Normalmente un contratto di rete serve alle aziende a condurre a fattor comune le proprie competenze per migliorare la propria competitività, grazie alle competenze dei “retisti” e grazie all’ampliamento della massa critica.
Questa forma contrattuale potrebbe essere utile anche agli studi legali per disciplinare soprattutto quelle forme più o meno estemporanee di collaborazione che normalmente sono conosciuti come Network.
I network normalmente non decollano proprio per l’impossibilità di concepire forme di condivisione che gratifichino tutte le parti se lavorano insieme verso lo stesso obiettivo e non semplicemente accordi economici che ripaghino la collaborazione contingente.
Senza costituire una società o una associazione tra loro, due o più avvocati potrebbero dar vita a forme ibride che consentano di mantenere una certa autonomia, ma anche di superare lo storico nanismo che li penalizza davanti a molti clienti.
Purtroppo però il contratto può essere utilizzato solo dalle “imprese” e gli studi lo diventano solo se sono organizzati in forma societaria.
Questo e altri veri e propri #bugs che discendono da una visione ottocentesca della professione che non è e non deve in ogni caso essere parificata all’attività di impresa, andrebbero invece superati, e messi al centro dell’azione di chi ha il potere di cambiare le cose.
Il #contrattodirete potrebbe aiutare gli avvocati ad uscire dal nanismo professionale, stimolarli a una collaborazione spesso innaturale aiutarli insomma a crescere.